Si dice spesso: l’umanità ripete sempre gli stessi errori perché non ha imparato niente dalla storia.
NO. La storia ci insegna proprio questo, che ripetiamo sempre gli stessi errori. E ripetiamo gli stessi errori perché non abbiamo imparato niente dalla biologia del nostro sistema nervoso. Niente che sia utile a evitare quegli errori.

Ciò che noi chiamiamo storia non è che la successione di eventi prodotti dal cervello medio di Homo sapiens, e dalle sue motivazioni più rapaci. La nostra specie sa fare anche molto di meglio, ma le culture cooperative e in armonia con gli ecosistemi sono state in larga parte sottomesse, se non anche spazzate via da altri popoli avidi e bellicosi.
Noi europei lo abbiamo saputo fare meglio di altri.

I saggi hanno sempre saputo che vedere nel proprio simile l’avversario, l’antagonista, il nemico da distruggere è un errore in cui la mente umana cade spesso. Ma i saggi sono sempre rimasti inascoltati.
Avrebbero dovuto uscire dalle loro accademie, salire sui palchi da cui gridavano coloro che aizzavano alla guerra, avrebbero dovuto sporcarsi le mani e trascinare via quei capipopolo.
Avrebbero dovuto imbavagliare i generali di tutti gli eserciti e gridare ai soldati di disertare, e di tornarsene a casa perché stavano dando la loro vita per una causa non loro.
Ma lo sappiamo, non è andata così: i saggi non riescono mai a salire più di qualche gradino nella scala del potere, una scala che sempre di più premia psicopatici, corrotti e narcisi patologici.

D’altro canto non sono mai mancati intellettuali che, valutando se sia più vantaggioso seguire scienza e coscienza nell’oscurità, o sostenere una verità di comodo e vivere a corte, hanno scelto la seconda opzione.
Oggi li vediamo sgomitare per sostenere la causa della guerra necessaria per difendere la nostra bella Europa, che si vede bella, allo specchio, solo perché lascia fuori millenni di conquiste, spoliazioni, colonialismi.

Non ci sono dunque problemi né crisi riguardanti il mondo umano le cui cause, nonché le soluzioni, non siano racchiuse nelle nostre scatole craniche. Più che programmi di sviluppo dell’intelligenza artificiale occorrerebbero programmi di sviluppo dell’intelligenza umana.