(Cantato:)

Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento…

Ancora tuona il cannone, ancora non è contento
di sangue la bestia umana e ancora ci porta il vento…

Io chiedo quando sarà che l’uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà…

– da “Auschwitz” di Francesco Guccini)

(Batte vari colpi)

 

Sotto le bombe

(Batte un colpo) Al primo colpo pensammo ai nostri figli.
(Batte un colpo) Al secondo, alla casa.
(Batte un colpo) Al terzo, al confine lontano.
(Batte un colpo) Al quarto, che non avevamo un modo per fuggire.
(Batte un colpo) Al quinto – quando vedemmo le nostre camicie lacere e macchiate – all’incomprensibile motivo della nostra morte.

(Batte vari colpi)

 

(chiama) Entri il fantasma!

(Pone il velo nero sulla testa. Roco e sottovoce) Io sono quello che non pensa, dalla voce strozzata, con la polvere in bocca, i capelli colore della terra. Sono quello che sussurra, che il poco vento lo sovrasta, una nube lo nasconde. Sono quello senza sangue, senza sesso, senza gambe. Sono quello che triste ricorda e impotente vi guarda.

(Batte un colpo)

La paura ti fa respirare in fretta, ti chiude lo stomaco, ti apre la pancia. I sentimenti scompaiono, gli occhi si muovono veloci per individuare la tana, ci vedi nel buio, cammini carponi con le gambe che tremano. Non ti fa più schifo nulla e dividi il buco con gli scarafaggi. Non senti il freddo, non senti il dolore, non ricordi chi se n’è già andato, nemmeno se lo hai sepolto con le tue mani, da poco.

(Batte un colpo)

Poi, cadere letteralmente a pezzi, senza sanguinare: grumi, turbini di cellule, peli e acrilici impastati.
Cadere nel buio, senza sonno; non trovare appoggio, odore acre, odore di incendio; disperdersi – in un raggio di dieci metri – mescolarsi, cadere nell’oblio – in silenzio.

(Batte vari colpi. Abbassa il velo nero dalla testa.)

 

Altrove

Nel mentre, altrove – dove il sangue è più rosso in TV in HD, la pelle di chi muore è più bianca, gli scoppi dalla soundbar più forti, la narrazione più dettagliata, c’è una guerra più guerra di altre e un coro mainstream canta le gesta di un eroe in maglietta attillata che occhieggia dagli schermi di ogni più remoto borgo d’Occidente. E il coro funge anche da ripetitore a certi vecchi che, dai loro rifugi sicuri, bestemmiano di atomiche e benedicono le armi e chi le produce: (proclama ad alta voce)
Santa sia la NATO! Sia fatto il ReArm Europe! Il male in armatura nera viene certo da Oriente .

(Batte un colpo)

Puntata su puntata, nella sit-com della guerra ognuno ha la sua parte: alcuni fanno il morto.

Alla prossima audizione, verrà anche il vostro turno.

(Cantato:)

Dormi sepolto in un campo di grano, non è la rosa non è il tulipano,
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi

– da “La guerra di Piero” di Fabrizio De Andrè)