Io faccio il giornalista e il mio lavoro quindi ha a che fare con la comunicazione. Dalla posizione di osservatore constato un elemento che può darci un po’ di respiro e spingerci a non mollare.
Negli ultimi anni in Italia è accaduta una cosa molto grave. Il discorso pubblico è stato brutalmente colonizzato da una fosca ideologia bellica che ha cercato di opprimere e soffocare qualunque forma di pensiero dissidente o anche solo divergente.
In tempi di formale democrazia la politica e la quasi totalità dei media mainstream si sono alleati per occupare militarmente l’immaginario con disvalori riassumibili nei concetti di barbarie, sopraffazione, guerra, armi, nazionalismo e sciovinismo.
Per questo tentativo di occupazione non è stato risparmiato alcun mezzo: menzogne, ostracismo, oscurantismo, insulti, accuse false e infamanti, dileggio e ridicolizzazione, propaganda e doppiopesismo, fino ai tentativi di scatenare il panico e la paura, come col goffo kit di sopravvivenza per 72 ore.
Per la prima volta nella storia repubblicana di questo Paese, però, è accaduta una cosa straordinaria. Nonostante il volume di fuoco del bellicismo, di questa ideologia di morte e distruzione, la cittadinanza, il popolo si sarebbe detto un tempo, ha sempre rifiutato in netta maggioranza di cedere a queste retoriche, ha resistito strenuamente ai tentativi di arruolamento dell’occupante e si è sempre schierata inequivocabilmente con e per la pace.
È un dato che non dobbiamo sottovalutare perché significa che abbiamo gli anticorpi nonostante tutto il dispositivo messo in campo. Non a caso, di fronte a questa incapacità di indurre consenso, i bellicisti hanno accumulato frustrazione e questa si è tradotta in un ulteriore esacerbarsi dei toni, degli insulti, delle menzogne.
Forti di questa solida resistenza e a pochi giorni dall’80° anniversario della Liberazione di Bologna e dell’Italia da quella che ha avuto la primogenitura delle ideologie di guerra, violenza e morte – il fascismo – ora è tempo di rispondere con una lotta di liberazione dell’immaginario collettivo dall’intossicazione bellica. È tempo di riaffermare che un mondo diverso, una modalità di convivenza diversa non solo sono possibili ma necessari. È tempo di riaffermare il diritto internazionale, severamente compromesso in questi anni, è tempo di rivendicare il valore della diplomazia contro la stupidità della strada militare.
Per liberare l’immaginario e tornare a respirare, oltre a studiare e informarsi, penso sia utile utilizzare anche la bellezza e le emozioni, linguaggi che il bellicismo non conosce.
Per questo è necessario che il mondo dell’arte e della cultura prendano parola, mettano a disposizione le proprie capacità, contribuiscano inequivocabilmente alla causa della pace.
A questo proposito Radio Città Fujiko sta per lanciare una campagna che è perfettamente in linea con l’iniziativa di questa sera. Per rispondere al ReArm, noi mettiamo in gioco il RiArt: un invito ad artiste e artisti di qualunque disciplina, ma anche a cittadini e cittadine comuni, a mandare una loro opera, un loro pensiero contro la guerra, contro il riarmo e per la pace. Moltiplicando le voci e i corpi che rifiutano la guerra, attraverso la bellezza dell’arte, possiamo contrastare meglio, tutte e tutti insieme, chi propaganda e lucra sulla morte.